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l'importanza della riparazione


 



 I Padri avevano esplicato il ruolo di Maria nella storia della salvezza come cooperatrice della missione redentiva di Cristo. Essi sottolineano il contrasto tra Eva e Maria, tra la situazione di perdizione e quella di salvezza instaurata con il  della Vergine. Il linguaggio della riparazione applicato a Maria avviene con Ambrogio (+397) e Agostino (+430), il quale afferma: «Poiché l’uomo è caduto per mezzo del sesso femminile, per mezzo del sesso femminile è stato riparato» (Sermo 232, 22).
La Vergine  come  "riparatrice"
Il primo documento che attribuisce il titolo di "Riparatrice" a Maria è l’Orationale Visigothicum, compilato in Spagna nel VII secolo, in cui si prega: «Vergine Genitrice di
Cristo, riparatrice del genere umano». Nello stesso secolo, in Oriente, san Modesto di Gerusalemme saluta Maria in questi termini: «Ave, propiziatorio celeste e fondato in Dio, attraverso il quale venne a noi la propiziazione del mondo intero, Cristo Dio Salvatore [...], il quale volle assumere presso di sé perché da te pregato concedesse sempre la propiziazione alla terra».

L’idea riparatrice è presente in un bel testo di sant’Andrea di Creta (+740): «Questa Maria è la Genitrice di Dio [...], la prima riparazione (anàklesis) del primo peccato dei primi progenitori; la reintegrazione del genere umano viziato in uno stato tranquillo, esente da vizi e immortale».
Dal X secolo invale l’uso di chiamare Maria "riparatrice", sia in senso oggettivo con riferimento alla redenzione, sia come supplente nel dovere di consolare Gesù: «Tieni stretto il tuo tesoro ritrovato, o Maria – invoca il monaco Aelredo (+l167) meditando sullo smarrimento di Gesù – e ripaga con largo tributo di carezze compensatrici tutto quello che gli è mancato durante l’assenza».

Il concetto di riparazione non pare corrispondere alla mentalità odierna, tutta tesa ad esaltare e salvaguardare il valore dell’autonomia personale. Si tratta di inserire la riparazione nei dati dell’antropologia circa la dimensione sociale e storica dell’uomo in modo che il far qualcosa per gli altri risulti non una semplice beneficenza, ma un’espressione di quella solidarietà e sussidiarietà in cui si costituisce la condizione umana: il per gli altri, va unito a con gli altri.
Ci basta rilevare come Gesù non ha voluto la morte per la morte, né l’ha considerata un destino o una fatalità: l’ha affrontata come conseguenza della sua missione profetica e le ha conferito lo stesso significato dato alla sua vita. Se la morte è il momento totalizzatore della vita, dobbiamo dire che essa rappresentò per Gesù Cristo l’apice della sua pro-esistenza e del suo essere-per-gli-altri. Con totale intensità e libertà egli visse la morte come abbandono a Dio e agli uomini, che amò sino alla fine (cf Gv 17,1). In questo senso preciso essa significa il culmine del servizio di Gesù, come tutta la sua vita fu un servizio.
Il Padre ratifica questa solidarietà di Cristo con gli uomini mediante la risurrezione, facendolo sedere alla sua destra e dandogli il potere di effondere lo Spirito Santo sugli uomini.
Sulla scia di Gesù la nostra riparazione non può essere tagliata fuori dal servizio e dalla nuova creazione nello Spirito. Non può ridursi a consolazione del Cuore di Gesù, né tanto meno a ricerca del dolore o ad atteggiamento di rassegnazione. La riparazione prende significato se scaturisce dalla diakonia, cioè da una vita volta al servizio degli altri in contesto di solidarietà e se è illuminata dalla luce della resurrezione, ossia se non tende solo all’eliminazione del peccato, ma alla costruzione del Regno di Dio da realizzare nello Spirito.
Ispiratrice di riparazione
Una volta ammesso che Maria è tipo della Chiesa, ogni atteggiamento ecclesiale trova un riscontro in lei. Dopo quanto è avvenuto durante la vicenda evangelica della Vergine, «non si potrà ormai parlare della Chiesa, della sua maternità, della sua umanità, della sua fede, della sua gioia [...], senza vedere apparire Maria come sua immagine, suo archetipo, sua prima realizzazione: Maria-Ecclesia». Maria indica alla Chiesa il cammino della riparazione con la sua realtà storica e la sua attuale situazione glorificata.
A) Maria icona della riparazione ecclesiale. Il titolo di "Riparatrice" attribuito a Maria è molto antico: esplicitamente risale al VII secolo, ma è incluso nella prima riflessione mariologica di Ireneo e Giustino, che presentano Maria come la nuova Eva, causa di salvezza, in opposizione alla prima Eva, causa di morte.

Maria svolse un ruolo di riparatrice innanzitutto nell’incarnazione, quando «il consenso della Vergine era atteso in luogo di tutta la natura umana» (san Tommaso, III, q. 30, a. 1). Questa famosa espressione di Tommaso è spiegata in maniera diversa, nel senso che fa di Maria la «sostituta» (Koster) o la «personificazione» (Philips) o la «rappresentante» di tutti gli uomini.
È certo tuttavia che il ruolo personale di Maria fu nell’incarnazione un ruolo per l’umanità, conforme alla legge universale della storia della salvezza. Maria, appunto, è situata nel momento decisivo per la salvezza per collaborare, con partecipazione attiva e responsabile, ad essa in tutta la sua portata (riconciliazione, riparazione, alleanza, redenzione...) in piena dipendenza da Cristo salvatore. In realtà Maria è pronta ad affrontare la vita, anche nei suoi aspetti afflittivi, con piena disponibilità a quanto Dio le chiederà.
Sul Calvario Maria vede realizzarsi la profezia di Simeone: con un dolore mortale, simboleggiato dalla spada (Lc 2,35), partecipa alla passione redentrice del Figlio, punto culminante della storia religiosa del mondo. Maria è presente allo scoccare dell’ora di Gesù, secondo l’appuntamento di Cana (Gv 2,4), per essere la Madre del nuovo popolo di Dio, raffigurato dal discepolo amato (Gv 19,25-27). L’offerta sacrificale del Figlio è il mistero della nascita della Chiesa, comunità dei figli di Dio animati dallo Spirito, ma essa implica una riparazione del peccato cui Maria è associata. Con il suo consenso e le sue sofferenze, ella rappresenta la Chiesa che accoglie la redenzione e instaura la partecipazione del Corpo mistico alla salvezza «compiendo quanto manca alla passione di Cristo» (Col 1,24).
B) Maria termine immediato di riparazione. La riparazione mariana, intesa come atto di omaggio compensativo delle ingiurie rivolte alla Madonna, sebbene abbia qualche inizio già nel secolo X, si sviluppa soprattutto a partire dal secolo XIX. Indubbiamente Maria, orientata com’è a Dio, vuole che la riparazione abbia come oggetto i peccati in quanto sono offesa a Dio e ingratitudine verso il suo amore infinito.
Tuttavia ella non può essere insensibile alle bestemmie e all’indifferenza nei suoi riguardi, a ciò che le impedisce di esercitare il suo ruolo mediatore di un più intimo e perseverante incontro con Cristo. Se nelle apparizioni si è mostrata triste, ciò significa che la sua condizione glorificata coesiste con un certo dolore, difficile a spiegare, dovuto alla non ancora avvenuta glorificazione di tutti i suoi figli e ancor più alla loro infedeltà all’alleanza d’amore con Dio. Pertanto è legittimo entrare in rapporto personale con la Vergine, consolandola e compensandola in qualche modo per quella proclamazione di beatitudine e di lode che le viene negata. Forse non solo i mistici sono capaci di mettersi in sintonia con queste realtà e di percepirle; in ogni caso sono i cuori sensibili e delicati a comprendere e ad attuare le esigenze riparatrici.
Ogni cristiano che ami il suo Signore fino al sacrificio, sull’esempio di Maria Santissima, traccia nel mondo del potere, della dominazione e dell’odio la via più bella e necessaria alla società attuale: quella stessa percorsa da Cristo e da sua Madre.
Giuseppe Daminelli
  
Invito all’approfondimento: Pio XI, Miserentissimus Redemptor. Enciclica sulla riparazione (1928), Adp 1988, pp. 36, € 1,50.
Rivista Madre di Dio gennaio 2010 – www.stpauls.it

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